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Fagioli a Capodanno?

La cucina in Piemonte di Adriano Ravera e Elma Schena
16.04.2021
3 min.
Beneauguranti, un’alternativa alle lenticchie. Per ottenere fortuna e salute bisogna mangiare pasta fatta in casa il primo dell’anno, meglio se tagliatelle, e fagioli al forno all’Epifania. È la tipica ola in uso nei paesi della Bisalta, nelle Alpi Marittime. Altri ingredienti patate, porri, costine di maiale. L’unico segreto è la lunga cottura, fino a dodici ore.
I fagioli saziano e affratellano. Molto conosciute le dodici fagiolate di Ivrea, una per rione, a ricordo della cacciata del tiranno. Una baldoria dopo la battaglia delle arance, berretto frigio in testa, al seguito della bella Mugnaia e del Generale. Nel Canavese prendono nome dalla pignatta di terracotta in cui sono cotti, la tofeja, panciuta, a quattro manici; altrove accompagnano il riso in piatti di tradizione: paniscia (Novara) e panissa (Vercelli).


Nell’area pedemontana i fagioli americani arrivano tardi. Il «Cuoco Piemontese», nel 1766, li ignora completamente, altrettanto le varie «Cuciniere»: il ceto borghese apprezza solo i fagiolini. Sono varietà con baccelli dai colori vivaci, striati di rosso o marroncino, pasta morbida e omogena. «Fagiolo della Regina» per bellezza e sapore, un blasone portato con fierezza.
A sdoganarli ci pensano Vittorio Emanuele II, un re amante dei sapori decisi, e più tardi la cucina futurista. Gli artefici sono Tommaso Marinetti e Fillia, pittore nativo di Revello dove la famiglia è proprietaria dell’antico setificio. Ancora adolescente ha visto le filatrici affondare il cucchiaio in gamelle di fagioli e li ha apprezzati.



Il 28 dicembre 1930 la Gazzetta del Popolo di Torino pubblica il Manifesto della cucina futurista che mette al bando la pastasciutta. Un gesto provocatorio, di rinnovamento, per bissare quello in campo artistico. I prodotti regionali, a fronte delle sanzioni imposte all’Italia, sono valorizzati. Fillia, per celebrare una mostra d’avanguardia, fa servire una zuppa di fagioli borlotti e riso in un gracchiare artificiale di rane, riprodotto con un «battistangola». Un messaggio chiaro, in linea con l’autarchia linguistica dell’epoca: castagne candite al posto di marron glacé, lista per menu, pasticcio invece di flan.
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